Texas State Capitol, Austin |
Ho preso l'aereo per la prima volta per andare in Texas, un posto che papà ha detto si chiama Lone Star, la stella solitaria. Questa stella in effetti l'ho vista subito sulla bandiera di Stato, accanto a quella che ha più stelle e alcune strisce, e anche in cima al tetto dentro il Campidoglio e significa che il Texas era uno stato indipendente e si è liberato dal Messico.
Mamma si è armata fino ai denti per il viaggio in aereo: gocce per nasini secchi, vestiti a cipolla in caso di escursioni termiche, tetta pronta ad ogni decollo e atterraggio per salvaguardare le mie piccole (lo dicono loro, non sono d'accordo) orecchie. Io invece l'ho stupita: non ho avuto bisogno di nulla (alla tetta non si dice mai di no, a prescindere), sono un piccino viaggiatore. Nonostante il ritardo della partenza dell'aereo e uno scalo non previsto, io sono andato con mamma e papà a passeggio sul Riverwalk subito, appena arrivati a San Antonio.
Giorno 1. San Antonio
Come dice la parola, Riverwalk, qui si passeggia lungo il fiume (il San Antonio River, che ve lo dico a fare). Mamma si aspettava i Navigli di Milano, invece qui la strada non è dritta, ma tutta tortuosa e in passeggino è piuttosto scomodo, perché ci sono solo scale per passare da una sponda all'altra. Di sicuro c'era un sacco di gente e rumore perché, neanche a farlo apposta, abbiamo beccato la Fiesta, un ritrovo annuale di scalmanati, a dire della receptionist in albergo. Iniziata giusto il sabato in cui noi ci troviamo qui. Alla fine della giornata sono un attimo sovraccarico di emozioni, perciò proprio è il caso che pianga un po' prima di crollare a letto per fare capire bene a mamma e papà che quando è troppo è troppo.
Riverwalk, San Antonio |
La mattina dopo mi sveglio di nuovo grintoso e andiamo all'Alamo. Almeno così sento dire, perché io non ho visto niente: ci sono trenta gradi e sono dentro il passeggino che è ricoperto da strati di stoffa, per evitare che il sole mi bruci, dice mamma. Anche altri qui vanno in carrozza, però il sole lo prendono eccome.
Pare che l'Alamo fosse un forte occupato da Spagnoli e Messicani e a un certo punto la repubblica del Texas se lo è preso durante la rivoluzione. Papà dice che gli Americani sono in grado di tenere puliti e in ordine quei due monumenti che hanno, mentre la mamma pensa a tutto quello che abbiamo in Europa e non abbiamo ancora visitato tutti insieme, mentre qui in America ogni mattone ce lo andiamo a spulciare perché non c'è altro.
Fort Alamo, San Antonio |
I texani, by the way, sono sempre arrabbiati a quanto pare. Papà ha comprato una tazza dove un signore spara e dice che i texani non chiamano il 911 (fanno da soli) e sulla presina di mamma c'è scritto "Don't mess with Texas", non fate arrabbiare il Texas, tradurrei io liberamente se solo potessi parlare. E tale Davy Crockett: "You may all go to hell, I'm going to Texas", potete andare tutti all'inferno, io sto andando in Texas. Lui lo ha detto a chi non lo ha votato per essere rieletto alla House of Representatives. Qui si legge spesso nei negozi di souvenir di cui è piena la piazza dell'Alamo (dove peraltro Crockett è morto, spero non di rabbia) e nei bumper stickers, questi adesivi che molti Americani mostrano con orgoglio sulle proprie automobili. Strano per uno Stato il cui motto è Friendship, amicizia. Ad ogni modo a me tutti sorridono, mi dicono che sono adorable, cute e mi fanno i complimenti. A me i texani sembrano simpatici.
Giorno 2. Austin
Mamma continua a mangiare piccante. Abbiamo provato tutti i ristoranti vegetariani/vegani possibili in zona e qui la cucina è di stampo messicano, perciò pizzica. Ho la pancia in subbuglio. Se può interessare, tipici di Austin sono i food trucks, questi carrozzoni stabili dove vendono cibo per strada. A mamma hanno ricordato molto l'equivalente siciliano, come 'a za Rosa a Catania. Io ancora non ci sono stato in Italia, sono nato qui in America.
Una cosa buffa di Austin è questo ponte sul fiume Colorado, da cui c'è una vista tanto carina ma la gente si ferma per vedere volar via al crepuscolo i pipistrelli, tutti aggrappati a testa in giù sotto il ponte. Pare ce ne siano tanti (la colonia urbana più grande del mondo) e la cosa piaccia a più di centomila turisti all'anno che si mettono in fila per assistere alla scena. Mamma inorridisce all'idea che un pipistrello le si attacchi ai capelli lunghi. Per me è ok, tanto io capelli ne ho ancora pochi.
Congress Avenue Bridge, Austin |
Il Capitol ad Austin ci è piaciuto tanto, sia dentro che fuori. E poi c'è un bel parco dove si può passeggiare. L'ultima cosa che ricordo è uno scoiattolo, poi ho dormito con la bocca aperta nel carrier contro il petto di papà.
Texas State Capitol, Austin |
Giorno 3. Dallas
Dopo ore e miglia con la macchina (guidava mamma e papà mi faceva le facce buffe sul sedile dietro), siamo arrivati a Dallas. Qui ci hanno ammazzato un certo presidente Kennedy. Mamma e papà mi hanno fatto fare avanti e indietro dentro un posto chiamato Sixth Floor Museum, perché qui c'è la ricostruzione degli eventi e soprattutto la finestra al sesto piano da cui pare abbiano ucciso questo signore dalla faccia simpatica. Prima l'edificio era un deposito di libri, ora è un museo ma la finestra è sempre la stessa. Giù sulla strada, la Elm, è dove gli hanno sparato mentre passava con la macchina e tutti lo salutavano.
Lì vicino c'è anche il Memorial per ricordare quel giorno e Kennedy. Quante cose imparo.
Dall'albergo si vede tutta Dallas, siamo al sedicesimo piano eppure siamo bassi rispetto al grattacielo accanto. Mi sento piccolo piccolo, forse lo sono. Latte e letto, grazie, poi si può tornare a casa.