@ Perugina |
Ci sono mantra che non giungono da guru riconosciuti o tradizioni orientali. Eppure sono carichi di uguale saggezza e hanno viaggiato per secoli sui volti delle persone. Mia nonna era uno di quei volti, con gli occhi di chi ha visto due guerre mondiali, le mani di chi ha lavorato duramente, la bocca di chi ha voluto godersi un bicchiere di vino rosso ogni sera a cena per tutta una vita. Una donna forte, volitiva, simpatica e testarda, che ha vissuto 103 anni e ha deciso di venirci a trovare dalla Sicilia fino in America lo scorso 15 Novembre, quando mio figlio nasceva esattamente la stessa notte in cui lei lasciava il suo corpo e questo mondo.
Uno degli insegnamenti più grandi che abbia mai ricevuto da mia nonna è quello di attaccarsi alla vita con tutte le proprie forze. Lo yoga insegna il non attaccamento, la capacità di elevarsi al punto di essere al di là della dualità, del bene e del male, del bianco e del nero, del positivo e negativo. Ma la chiave per arrivare ad avere quella visione neutrale, quella pace interiore, è l'esperienza. Vivere la vita. Imparare dagli errori commessi. Onorare le proprie emozioni senza combatterle, piuttosto riconoscerle, comprenderle e sublimarle per usarle come spinta per innalzare la propria consapevolezza. Per vivere felicemente quel dono che è la vita.
Quella notte del 15 Novembre non sapevo cosa stesse succedendo oltre l'oceano, a migliaia di chilometri di distanza, nella mia Sicilia, nella casetta in cui per anni ho rubato le caramelle di zucchero fondente dal recipiente di vetro sul tavolo della nonna e a volte ho pensato che piovessero dal cielo (sarà stata lei a lanciarle sopra la mia testa e io non la vedevo?). Dove ho dormito in una stanzetta con due letti, uno per me e uno per mia mamma. Dove viveva quella donna anziana che nei primi anni della mia vita mi ha stretto al seno, fra le braccia, cullandomi perché (così mi raccontano!) piangevo ogni volta che mi mettevano giù. Non sapevo che mia nonna ci stava lasciando quella notte, ma l'ho indovinato, dicendolo io stessa dopo qualche giorno a mia madre che me lo aveva tenuto nascosto per non rovinarmi quel momento di felicità che stavo vivendo. Ma nulla è stato rovinato. Dopo alcune ore da quella notte mio figlio è nato, il miracolo della vita è avvenuto mentre si consumava altrove la morte, le mie lacrime di felicità mischiate a quelle di chi stava perdendo una persona cara. Eppure i piani dell'esistenza si sono intersecati, perdita e arricchimento sulla stessa bilancia, e i segni giusti che te li lasciano riconoscere dall'alto, come un dono ugualmente valido. Mia nonna è ufficialmente ai miei occhi un altro Angelo custode per mio figlio.
Gli parlerò di lei. Ricorderò con quanto sdegno ha commentato gli avvenimenti della politica italiana fino all'ultimo momento, con quale lucidità è stata in grado di riconoscere gli acciacchi della vecchiaia, con quanta forza li ha sostenuti. Ricorderò come amava ricordare a me e al mio innamorato che "basta un tozzo di pane" per essere felici, non servono ricchezze, basta volersi bene. Ricorderò i suoi ricami, che ha tessuto con grazia, caparbietà e generosità fino a quando gli occhi hanno retto.
Ricorderò le sue storie affascinanti, di come ha vissuto la guerra, Mussolini, e quanto andasse orgogliosa delle trecce lunghe che dovette tagliare. Ricorderò le sue lacrime, le sue ferite, le cicatrici di una mamma che ha perso un figlio alla nascita e uno adulto, lasciandola a chiedersi perché lei doveva vivere più a lungo. Ricorderò i proverbi che tanto amava ripetere, quei mantra che esprimevano tutta la saggezza popolare, la verità e l'innocenza, la semplicità e genuinità di chi non ha grilli per la testa e viene da umili origini. Ne ricorderò uno in particolare: "Aiutati che Dio ti aiuta". Perché questo è yoga: volersi bene, lasciare che Dio si prenda cura di noi, rialzarsi ogni volta che subiamo sconfitte e fallimenti. Me lo ha insegnato mia nonna, questa yogini che non sapeva di esserlo, che è stata accompagnata da Dio fino all'ultimo dei suoi giorni. Quando mio figlio nasceva.