In questo marzo pieno di
ricette di felicità, mi sembra doveroso dare
spazio almeno con un post ad altri argomenti da lifestyle blog. Il tempo scarseggia e cerco di destreggiarmi con tanta buona volontà tra piaceri e doveri, in modo da avere un buon equlibrio. Scrivere è sempre un piacere, sia che lo faccia per lavoro oppure qui sul blog per condividere le ispirazioni del momento. A volte però essere mamme da poco può davvero farti mancare la terra sotto i piedi (e le ore di sonno).
Dall'estate scorsa, quando al quinto mese di gravidanza siamo stati
into the wild e abbiamo visitato
San Francisco e
Salt Lake City, mancano le storie di viaggio da questo blog. L'ultima esplorazione in effetti è avvenuta dopo, con un pancione da otto mesi al seguito, a Cape Hatteras: un ritorno alle Outer Banks
che avevamo già visitato, senza spingerci fino a questo lembo di terra del North Carolina. Una fuga romantica tinta dei colori del mare e della sabbia, che tanto mancano alla me siciliana. Un rifugio su una piccola capanna su palafitta, a misura di due persone più una in arrivo. Non è stato
come in Messico a Tulum, con quell'acqua cristallina e le sabbie bianche, l'amaca con vista sull'oceano
e l'avventura di una ragazza in viaggio da sola: è stato meglio. Con il mio Compagno di Viaggio e con la vita che mi cresceva dentro, è stata una piccola favola d'amore durata un weekend. Con le nostre albe e i nostri tramonti, i nostri abbracci e le passeggiate sulla spiaggia quando il sole non è troppo caldo, per non stancare il pancione.
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Il sole sorge sull'oceano, Cape Hatteras |
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Il sole tramonta su Cape Hatteras (visto dalla capanna) |
Io e il mio CV già da qualche settimana stiamo pensando alle prossime
destinazioni con baby al seguito. Si parla di mete all'interno degli
States, come viaggiatori e genitori in rodaggio: quelle ancora inesplorate oppure quelle visitate
troppo tempo fa e con superficialità per poterci mettere la bandierina.
Sarà di nuovo Texas? Oppure Chicago e i grandi laghi? Perché non
on the road negli immensi spazi delle praterie?
Valuto le opzioni diversamente rispetto al periodo prenatal: è come se percepissi che adesso il baby è fuori da me, sempre nel mio campo energetico, ma ha tutto quello che è indipendente abbastanza per esprimere la sua opinione. No, mamma, questo mi stancherebbe. Papà, preferisco camminare nel carrier nella natura. Meglio in città, dove posso trovare riparo più facilmente, come prima volta tanto lontano da casa. L'aereo? Non è che alle mie piccole orecchie piaccia tanto l'idea.
Probabilmente è tutta una mia proiezione, le tipiche e banali ansie da nuova mamma. Questo viaggio, a maggior ragione, ci vuole come il pane: bisogna fare l'esperienza per capire. Per noi genitori sarà un'altra opportunità di crescita, trasformazione, rinascita. Perché così intendiamo il viaggio: essere la guida di se stessi e quindi un esempio per il baby, senza aspettative e pretese. Un faro, un insegnante, come suggerisce il nostro amato yoga. Viaggiatori ed esploratori della vita. Certo, il baby è ancora piccolo, ma non è mai troppo presto per iniziare a viaggiare.
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Cape Hatteras Lighthouse |
Una delle cose che avere un baby mi ha insegnato:
surrender.
Arrenditi e segui il flusso della vita con naturalezza, scoprendo che
hai la forza di sostenere qualunque cosa anche quando ti sembra
impossibile. Lo dicevo sempre insegnando le classi di yoga senza averlo
mai capito così fino in fondo come adesso: da mamma ho fatto e continuo a fare ogni giorno un'esperienza
completa e inequivocabile della Shakti (in yoga, Shakti è l'energia
cosmica, il potere creativo primordiale: ne riparleremo più nei dettagli nel prossimo post).
Oggi però, in attesa del prossimo volo (oppure macchina a noleggio), voglio parlarvi del viaggio che ha portato a destinazione il baby. Pronti e via, più che della partenza oggi vi parlo del parto. Un viaggio
itself.
In
effetti non si può raccontare ogni emozione, ogni sfumatura, è
un'esperienza soggettiva, un miracolo che si svolge in modo diverso per
ogni donna. Posso però raccontarvi delle mie scelte e di come affidarsi a
Madre Natura sia stata per me un'ispirazione che mi ha regalato la più
autentica e dolce esperienza del miracolo della nascita.
Come
già avevo accennato
in un altro post qualche mese fa, ho scelto di
partorire in casa, senza farmaci e interventi medici non necessari. Quando sei incinta e lo dici in giro, la maggior
parte delle persone alzano le sopracciglia, fanno la bocca ad O,
strabuzzano gli occhi, ti dicono che sei coraggiosa (ma intendono dire
che sei pazza e glielo leggi in faccia), ti invitano a riflettere su
tutte le possibili conseguenze (e intendono morte, disgrazia, malattia e
altre cose di questo tipo) e, se nel migliore dei casi non ti dicono nulla, ti prendono per un'irreponsabile figlia dei fiori che è maniaca,
fissata, tutta
peace&love e non sa quello che sta facendo.
Ecco,
niente di tutto questo. Sarò anche a favore sia della peace che del love, ma partorire in casa è una scelta razionale,
monitorata, responsabile. Rinunci a farmaci e
interventi innaturali (che è cosa buona sia per te che per il bimbo) e conti su un'intimità indescrivibile.
Ovviamente sei seguita e nessuna brava ostetrica o levatrice te lo lascia fare
se la tua salute non è perfetta e non c'è alcun rischio di
complicazioni per mamma e bambino. Le statistiche del birth center a cui mi sono affidata parlano chiaro: solo circa
il 3% delle donne finisce da casa in ospedale per emergenze impreviste
e imprevedibili. Molte di più ci finiscono non per necessità, ma perché
si arrendono e vogliono farmaci antidolore oppure il travaglio è stato
così lungo che sono sfinite. Ci sono libri e libri che ne parlano e io e
il papà abbiamo letto, ma questo non è l'articolo che scriverei per una
rivista, qui voglio parlarvi delle mie emozioni, della mia esperienza.
Ho
avuto una gravidanza perfetta, un'esperienza di parto naturale meravigliosa e un post-partum da metterci la firma. Niente gonfiori in gravidanza, solo il pancione; nessuna smagliatura della pelle, nessun chilo di troppo e la pancia di nuovo piattissima dopo il parto. Il baby mi ha solo reso più bella e consapevole. Come è successo?
Sarà anche un po' costituzione e dea bendata, ma queste erano le mie abitudini da donna incinta:
Lunghissime camminate quasi ogni giorno (4 miglia o più) per tutta la gravidanza
Yoga prenatal (che ve lo dico a fare!)
Più di due litri di acqua al giorno
Cibo sano, biologico e variegato (sono vegetariana e devo dire che la mia alimentazione era già così): farine solo integrali, frutta e verdura (ad eccezione di broccoli, cavolfiori e asparagi che tanto mi piacciono di solito ma proprio non potevo neanche sentirne l'odore!), tante proteine (importanti per il parto, per la tonicità muscolare, e per formare i muscoli del baby) da legumi, semi e (pochi) latticini; omega 3 da semi e oli spremuti a freddo
Cibi coccola (perché sarò anche salutista e vegetariana ma l'umore è importante!): cioccolata fondente quanto basta (ottima per il ferro, ma contiene un po' di caffeina perciò meglio non eccedere) e dolcetti qui e là
Tante altre coccole per l'umore grazie al marito più premuroso del mondo, i suoi massaggi della sera, i bagni caldi ma non troppo e l'olio di mandorle. Sì, perché ho steso fiumi e fiumi di puro olio di mandorle dolci mattina e sera, due volte al giorno, su tutto il corpo escluso lì dove il baby si sarebbe attaccato per il latte (è sconsigliabile ammorbidire troppo quella zona...!). Solo olio di mandorle dolci, non c'è bisogno di comprare tutte quelle creme chimiche o pseudo-naturali che contengono ventimila ingredienti: un solo ingrediente. Come dicono qui negli US:
less is more.
Dopo la gravidanza invece ho aggiunto gli amati oli essenziali. Solo dopo, però: meglio non usare gli oli essenziali in gravidanza se non si è sicuri dell'effetto che possono avere sul bambino.
Ricetta di un olio per il corpo elasticizzante, drenante e curativo
3 gocce olio essenziale incenso
3 gocce o.e. mandarino
3 gocce o.e. arancio
dolce
3 gocce o.e. limone
in 200 ml di olio di mandorle dolci
Perfetto
per guarire sia le cicatrici del corpo che quelle dell'anima: l'olio
essenziale di incenso è ottimo per prevenire le smagliature e cucare altre cicatrici
della pelle (l'incenso è una resina!), gli agrumi sono solari e hanno
note di testa che mettono di buon umore, il mandarino contrasta la
ritenzione idrica, l'arancio è purificante e contro la cellulite (se
preferite usare arancio amaro, meglio ancora, è più efficace di quello
dolce), il limone è tonificante e guarisce dall'ansia.
Quando lo
applicate sul corpo, lasciate che il profumo vi sollevi il morale e
visualizzate i tessuti danneggiati ricomporsi e quelli in salute
mantenere tono ed elasticità.
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Immagine scaricata da Internet |
Ora, è andato tutto alla perfezione perché così Dio ha voluto, non per le mie scelte: il parto è imprevedibile e si può controllare solo fino a un
certo punto. Sono stata fortunata e benedetta, ma anche bene assistita
dal mio Compagno di Viaggio e da due
midwives bravissime, Kelly e
Claudia. Sì, ho partorito in inglese. Credetemi, non è perché io parlavo già
inglese da prima, è che in quei momenti si parlano tutte le lingue.
Tutto
il travaglio (dodici ore in totale, se si escludono i tre giorni prima
di travaglio prodromico, vale a dire contrazioni che sono vere e
dolorose ma lente lente lente lente lente...non capita a tutte, ho
voluto essere speciale!) è stato un mix di respiro, abbracci, nutrimento.
Dalle coccole fra le braccia del mio CV, nella vasca da bagno insieme,
alle parole di queste due donne meravigliose che sono state forti e
gentili, facendomi sentire accudita e al sicuro.
In
poche parole, è stata una meditazione prolungata, una classe di yoga
durissima di quelle che ti lasciano gli insegnamenti più profondi e ti
trasformano in meglio, portando la rinascita dalle ceneri, dal sangue, dal sudore.
Tanto yoga nell'esperienza. Le contrazioni sono state come dovevano
essere, dolorose. Il dolore nel parto è funzionale, insegna come non
devi lottare ma lasciare andare, andando al ritmo della vita, non sei tu
che decidi.
Non sono state le
contrazioni la parte più dura per me, neanche durante la fase più
difficile, la famigerata transizione tra gli otto e i dieci centimetri.
La parte più tosta è stata quella delle spinte, è durata due ore e
mezzo. Pensavo che sarei morta, non ce l'avrei mai fatta, sarei rimasta
lì col baby dentro, che male c'è? Ciao.
Ricordo le midwives che mi guardavano
fisso negli occhi, il mio CV che mi abbracciava e accarezzava (con me
sul lettone, reggendomi e avvolgendomi alle mie spalle), tutti che mi
dicevano quanto fossi stata brava e che mancava poco per abbracciare il
mio baby.
Mi ha aiutato uno specchio, mi ha fatto
vedere la testa del mio piccolo, i suoi capelli bagnati di fluidi di
vita. Forse, in effetti, ho visto me stessa, il mio riflesso di donna, la forza e la grazia di cui siamo capaci. La vita. Ho realizzato dov'ero, cosa stavo facendo, il senso di tutto. Perché questo è stato sempre il mio limite: risparmio energetico.
Se non devo salvare il mondo non mi sforzo. Solo che presto capisci che
il mondo non va salvato, è lì per te, per goderne, per camminare e
ancora meglio se hai la mano in quella di qualcun altro. Perciò io ho
spinto, per prendere anche quella manina.
Baby subito
sulla mia pancia, il mio CV ancora lì alle mie spalle avvolgendomi, la
sua mano su quel corpicino che ha appena fatto il suo primo respiro.
L'intimità del momento, durato tutto il tempo che abbiamo voluto, il
miracolo di questa creatura che sa bene dove andare per nutrirsi,
sentirlo al mio seno cercare la vita e dargliela con tutto l'amore che
si può. In un lunghissimo attimo lui era nato, ma io ero rinata.
Partire e partorire: due lettere di differenza, una sola parola. Nascita. Io e il CV parliamo di dove portarci in viaggio con il baby al seguito, ma il baby la sa più lunga di noi: lui ha insegnato a noi lo yoga. Il miracolo della vita, la bellezza di passare attraverso tutto il dolore che l'esperienza ci porta, per meravigliarsi ancora, sempre, una volta di più. In un attimo, in un respiro, in un vagito. Sei vivo. Pronti, parto e via: ovunque andiamo nel mondo, sono i passi a scandire il tempo. E la vita, prima della prossima (ri)nascita.
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Cape Hatteras National Seashore |