Mount Vernon Trail (between Virginia and DC) |
Oggi sono passata a piedi da uno Stato all'altro, dalla Virginia a DC. Giuro.
Il Mount Vernon Trail è una striscia lunga miglia che costeggia il Potomac ed è facilmente percorribile a piedi o in bici: collega Mount Vernon, per l'appunto, ad Alexandria, passando per Arlington e arrivando fino in DC. Gli Americani lo adorano e io questa mattina mi sono mescolata ai locali.
Fra baby-stroll runners (sorprendentemente uomini, per lo più, ma a volte intere famiglie che corrono spingendo il passeggino!), barefoot runners (gente che, Dio li aiuti, corre a piedi nudi), ciclisti buontemponi che ti mandano baci o ti sfrecciano accanto mollandoti al volo un apprezzamento sul sedere (facendosi forti del fatto che non fai in tempo a vederli in faccia!), è stato tutto un "Hi!", "Hallo!", "Hey!" e relativi scambi di sorrisi.
Come nel corso di ogni passeggiata che si rispetti, la mente (in evidente collaborazione con le distrazioni dall'esterno) ha provato in tutti i modi possibili a distogliermi dalla semplice esperienza dei miei passi, del respiro e del paesaggio lungo il percorso.
Come dico anche ai miei studenti, è inutile combattere questo processo: si può però osservarlo e riportare l'attenzione al respiro, all'esperienza. Perlomeno se si vuole svuotare la mente e fare un'esperienza in pace. Ma oggi io non volevo questo!
Quello che ho fatto, camminando per cinque miglia, è stato giocare con le parole. La lezione di disegno a cui ero stata poco prima è stata il pretesto a cui la mia mente si è aggrappata con tutte le sue forze per avere qualcosa da dire ad ogni costo.
Tralasciando i dettagli, qui del tutto inutili e di nessun aiuto per chiunque (specialmente aspiranti scrittori o operatori della comunicazione e tanto più tutti coloro che fossero interessati allo yoga!), dico soltanto che ho trovato tutti i giochi di parole possibili che includessero la parola painting, le horizon lines, i chiaroscuri, e chi più ne ha più ne metta: solo un pazzo avrebbe potuto decifrare il linguaggio nella mia mente. Oppure gli altri che stanno seguendo il corso di disegno.
Finalmente un cartello, segnale dell'Universo, frena il galoppo dei miei pensieri: Caution, slow down!
Allora finalmente ho osservato quello che stava succedendo e ciò che ne ho tratto è questo post, probabilmente. Ecco che arrivano piccoli, utili (e umili) suggerimenti per chi, come me, ama usare bene le parole.
Giochi di parole: applicare con estrema cautela!
Quando ho iniziato a lavorare come copywriter in pubblicità, la mia attitudine di scrittura creativa spesso e volentieri straripava tentando di prendere il controllo. Una delle prime cose che ho imparato è che la fantasia è un'arma potente, talmente potente che se non la indirizzi o controlli ti porta al suicidio della comunicazione funzionale e funzionante.
In fase di brainstorming, tutto è bene accetto, ovvio: va bene sparare qualunque sciocchezza, giocando con le parole, senza freni inibitori. Ma bisogna restare lucidi e rallentare, quando vediamo che la mente si fissa su ciò che più la diverte... Perché, alla fine, probabilmente ne traiamo solo una mente divertita ma non portiamo il lavoro a casa.
Prendiamo un bel respiro piuttosto e guardiamo cosa sta succedendo: è ogni singola parola funzionale a quello che dobbiamo comunicare? Soprattutto, è comprensibile nella sua semplicità e chiarezza?
Ripeto: non tutti i giochi di parole sono inutili o poco azzeccati. A volte un'assonanza o il significato non univoco di una singola parola può diventare un claim di successo. Però bisogna essere lucidi (e avere l'umiltà di non innamorarci del nostro divertentissimo gioco di parole).
Grazie,grazie e ancora grazie perchè,leggendoti,mi sento quasi di partecipare alle tue passeggiate e "vivere"di più,con te,la tua quotidianità americana...HI,HALLO,HEY e tanti sorrisi per te dalla tua sicula mamma..:-D
RispondiEliminaAnche a me leggendo sembra di aver passeggiato con te... Sei proprio brava!
RispondiEliminaCmq se ci fossi stato davvero, lo avrei aggiustato io il marpione a pedali!!... :-)
Vi tengo in tasca (o borsetta) ovunque vada, ecco perché vi sembra di esserci! ;-)
RispondiEliminaGrazie Daniele!
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