domenica 28 aprile 2013

Character

Mount Vernon Trail, Washington DC



Tutta una questione di forza interiore, pedalando per 20 miglia verso una nuova isola. E ritorno.
Sorridendo nel vento, libera, mentre salici piangono lungo la strada. Realizzando il sogno di una bambina che voleva la bicicletta per esplorare il mondo e non un computer.
L'energia esplode all'improvviso, ogni volta che ti sembra di non farcela e sei sul punto di mollare: trovi il fuoco e non c'è salita che possa fermarti.

L'isola è del popolo americano, ma si può farla propria, a patto di smontare dalle bici. Siamo a piedi, stranieri, uniti: lo sei anche tu, famiglia indiana che mi ricordi l'anima. Due parole scambiate con voi risuonano tanto quanto i passi sui pontili di legno sopra la palude. E gli aerei che passano sulle teste di chi cerca un'oasi di pace diventano più tollerabili.
Il Memorial Bridge aveva già fermato il tempo. Georgetown si concede a sorpresa da una riva, mentre un cane biondo salta fuori da un cespuglio e mi porta in Italia: il cuore prende l'aereo rumoroso e vola dall'amico fidato che ho visto crescere e ora invecchia lontano da me.

Alza un braccio, Roosevelt. Qui è solo una statua, ma le parole alle sue spalle ti alzano la testa.
"Keep your eyes on the stars but remember to keep your feet on the ground". Idealismo pratico, mi piace.

Coraggio, duro lavoro, auto-maestria, intelligenza, gentilezza.
Messaggio ai giovani: crescendo il corpo cambia, ma la forza interiore aumenta.

"Alike for the nation and the individual the one indispensable requisite is character".

Sono pronta per la serata in tre lingue, un nuovo locale da esplorare. Questa volta, fra arie d'opera e aria d'Italia.


Theodor Roosevelt Island, Washington DC



venerdì 26 aprile 2013

Azione meditata, bene è detta

Stavo per pubblicare un post, poi non l'ho fatto. Non per censura, ma per pura trasformazione: ero in uno stato emozionale, adesso sono in uno stato neutrale. Da spill words a (produrre) still words. Da spillare pensieri rumorosi a istillare parole neutrali.

Qual è il percorso?

Da qui.

Andare o non andare in piscina?
Meglio fare un giro in bici?
Ci sarebbe una torre di roba da stirare...
Potrei pranzare, nel frattempo.
Magari una passeggiata!
Controllo un attimo questa cosa su Internet, poi esco.
Potrei scegliere il kriya da insegnare alla classe di domani.
E la piscina?

...

Voler fare tutto e finire per non fare nulla. Iniziare una cosa e non finirla per cominciarne un'altra. Volevo uscire con tutta me stessa, ma tutta me stessa è stata a casa dondolando fra un'attività e l'altra.
Ho scritto. Dolce conforto, come sempre... E la piscina?

Deliziata da questo femminile cullarsi tra una cosa e l'altra, compassionevole verso me stessa, teneramente guardando a questa mia linea sottile tra il dire e il fare.
Perdonarsi, oggi. Non si può sempre fare tutto.
Se non andrai in piscina, sarà perché il tuo corpo ti ha detto di no.
Se invece è la mente, schiaffo morale: farle capire una buona volta che non è lei che comanda.

Cogliere l'occasione per meditare su questa altalena che è l'umore.

Vado in piscina. Oppure no. Distratta dal signore del negozio qui sotto casa che ha lo starnuto più fastidioso del mondo.

Non solo roba da stirare, roba da processare. A cominciare dai maccaroni & cheese che ti sei fatta per pranzo (per sbrigarti e andare in piscina). Perdonati: una volta dovevi mangiarli, sei in America.

Sarà ancora l'influsso della luna piena di ieri? Avrei dovuto mangiare molto, molto più leggero.

Respira. Scrivi.

Cosa si fa in questi casi? Calmare le acque. Ricordarsi che qualunque cosa farai, hai un corpo per farla e godere quindi dell'esperienza. Medit-azione, come mi piace chiamarla: meditare in movimento, "qualunque cosa tu faccia, sii consapevole di ciò che stai facendo". Calmare le acque, con il respiro, con un mudra, con la meditazione.

A qui.

Meditazione benedetta: azione meditata bene è detta.
Pensare prima di parlare, silenzio prima del suono, intuizione prima della decisione.
La comunicazione migliora, la strada è spianata.



giovedì 25 aprile 2013

Donne sulla luna (pink full moon)

On the flight to Ottawa, Canada


Ah, la luna. E non è solo un sospiro intriso di romanticismo, per quanto sicuramente evochi poetici momenti. Molte donne, come me, sapranno a cosa mi riferisco quando dico che, a volte, la luna governa letteralmente il nostro umore.
Trovo che essere una donna sia meraviglioso: siamo creature sensibili, eleganti, aggraziate, forti, capaci di gesti di grande sacrificio, di trasformare il sangue in latte per nutrire i nostri bambini.
L'acqua è il nostro elemento, come donne e come madri. E la luna gioca un ruolo di rilievo nella nostra vita: noi donne possiamo comprenderne i cicli.

In questi giorni c'è una luna piena speciale, tinta di rosa per l'appunto, e nel bel mezzo di un'eclisse parziale. Perciò voglio celebrarla insieme alle mie amiche donne.
La luna ha sempre fatto parte anche dei miei sogni: il più delle volte, quando è apparsa, si è trattato di sogni premonitori. Stanotte è arrivata, circondata di fuoco, ricordandomi una luna rossa di qualche anno fa, intrisa di lacrime e sangue. C'era una stanza con grandi finestre, attraverso cui vedevo bruciare la notte, letteralmente nel fuoco. C'era una sfera nera con un anello di fuoco intorno (come un'eclissi) e le mie emozioni stavano tra luce e ombra, tra creazione e distruzione, morte e rinascita.

Ho insegnato chandra mudra oggi in classe ("chandra" significa "luna"; i mudra sono posizioni precise delle mani), perché anche i miei studenti potessero specchiarsi nel lago della meditazione e avere l'opportunità di affrontare il proprio subconscio, cullandosi in mamma luna senza esserne ingoiati.
Ma ci sono esercizi molto semplici che si possono fare ogni volta che la luna è piena: sono giorni infatti, quelli di luna piena, in cui noi donne siamo persino più sensibili del solito (e la nostra comunicazione ne risente). Manifestiamo questa maggiore sensibilità non solo con l'umore e le parole, ma anche con il corpo: per esempio, ritenendo i liquidi più del solito. Perciò quando c'è luna piena è sempre bene bere molto.

Un esercizio pratico di pranayama (tecnica di controllo del respiro) che ho trovato molto utile nei giorni di luna piena (e per aumentare la mia lucidità nella comunicazione in quei giorni, soprattutto quando parlo con mio marito!) è il respiro attraverso la narice destra.
Bloccando con il dito indice la narice sinistra, si respira lungo, lento e profondo dalla sola narice destra per almeno tre minuti.
Questo tipo di respirazione ha l'effetto riscaldante e rinvigorente del sole e per questo bilancia i nostri eventuali eccessi lunari.
Ottimo quando abbiamo bisogno di concentrarci sul lavoro, per esempio, oppure quando siamo insonnoliti per svegliarci un po'.

Buon respiro, allora. E appuntamento al sole, domattina.

mercoledì 24 aprile 2013

Giochi di parole: istruzioni per l'uso

Mount Vernon Trail (between Virginia and DC)



Oggi sono passata a piedi da uno Stato all'altro, dalla Virginia a DC. Giuro.
Il Mount Vernon Trail è una striscia lunga miglia che costeggia il Potomac ed è facilmente percorribile a piedi o in bici: collega Mount Vernon, per l'appunto, ad Alexandria, passando per Arlington e arrivando fino in DC. Gli Americani lo adorano e io questa mattina mi sono mescolata ai locali.
Fra baby-stroll runners (sorprendentemente uomini, per lo più, ma a volte intere famiglie che corrono spingendo il passeggino!), barefoot runners (gente che, Dio li aiuti, corre a piedi nudi), ciclisti buontemponi che ti mandano baci o ti sfrecciano accanto mollandoti al volo un apprezzamento sul sedere (facendosi forti del fatto che non fai in tempo a vederli in faccia!), è stato tutto un "Hi!", "Hallo!", "Hey!" e relativi scambi di sorrisi.
Come nel corso di ogni passeggiata che si rispetti, la mente (in evidente collaborazione con le distrazioni dall'esterno) ha provato in tutti i modi possibili a distogliermi dalla semplice esperienza dei miei passi, del respiro e del paesaggio lungo il percorso.
Come dico anche ai miei studenti, è inutile combattere questo processo: si può però osservarlo e riportare l'attenzione al respiro, all'esperienza. Perlomeno se si vuole svuotare la mente e fare un'esperienza in pace. Ma oggi io non volevo questo!
Quello che ho fatto, camminando per cinque miglia, è stato giocare con le parole. La lezione di disegno a cui ero stata poco prima è stata il pretesto a cui la mia mente si è aggrappata con tutte le sue forze per avere qualcosa da dire ad ogni costo.
Tralasciando i dettagli, qui del tutto inutili e di nessun aiuto per chiunque (specialmente aspiranti scrittori o operatori della comunicazione e tanto più tutti coloro che fossero interessati allo yoga!), dico soltanto che ho trovato tutti i giochi di parole possibili che includessero la parola painting, le horizon lines, i chiaroscuri, e chi più ne ha più ne metta: solo un pazzo avrebbe potuto decifrare il linguaggio nella mia mente. Oppure gli altri che stanno seguendo il corso di disegno.
Finalmente un cartello, segnale dell'Universo, frena il galoppo dei miei pensieri: Caution, slow down!
Allora finalmente ho osservato quello che stava succedendo e ciò che ne ho tratto è questo post, probabilmente. Ecco che arrivano piccoli, utili (e umili) suggerimenti per chi, come me, ama usare bene le parole.

Giochi di parole: applicare con estrema cautela!
Quando ho iniziato a lavorare come copywriter in pubblicità, la mia attitudine di scrittura creativa spesso e volentieri straripava tentando di prendere il controllo. Una delle prime cose che ho imparato è che la fantasia è un'arma potente, talmente potente che se non la indirizzi o controlli ti porta al suicidio della comunicazione funzionale e funzionante.
In fase di brainstorming, tutto è bene accetto, ovvio: va bene sparare qualunque sciocchezza, giocando con le parole, senza freni inibitori. Ma bisogna restare lucidi e rallentare, quando vediamo che la mente si fissa su ciò che più la diverte... Perché, alla fine, probabilmente ne traiamo solo una mente divertita ma non portiamo il lavoro a casa.
Prendiamo un bel respiro piuttosto e guardiamo cosa sta succedendo: è ogni singola parola funzionale a quello che dobbiamo comunicare? Soprattutto, è comprensibile nella sua semplicità e chiarezza?
Ripeto: non tutti i giochi di parole sono inutili o poco azzeccati. A volte un'assonanza o il significato non univoco di una singola parola può diventare un claim di successo. Però bisogna essere lucidi (e avere l'umiltà di non innamorarci del nostro divertentissimo gioco di parole).

lunedì 22 aprile 2013

Marcel diventa scrittore



Dumbarton Oaks, Washington DC


Datemi un libro e un prato e posteggiatemi lì: you made my day!

Fa molto Proust questa biblioteca-giardino in DC e, come fanciulla in fiore, passo qui ore liete fra alberi, orangerie, sentieri acciottolati, fontane e piscine, fauni, putti, tulipani, uccellini esultanti. Alla ricerca del tempo perduto, ovviamente.




Per un lungo momento ti dimentichi di essere nell'America dei grattacieli e dei mall, anche se appiccicarsi le dita con le vegan cupcakes di Sticky Fingers e mischiarsi tra la gente che passeggia a Columbia Heights non mi è dispiaciuto, dopo il relax nella natura.



Longtemps, je me suis couché...

Sentendomi un po' Dorothy nel mondo di Oz in versione giornalista d'assalto, cerco di fotografare persino il profumo del glicine fiorito ovunque nel parco e mi rendo conto ancora una volta di come la natura, tanto quanto la scrittura, sia il mio luogo di preghiera, il mio porto felice, l'amica intima.
Forse abbiamo qualcosa in comune con Mrs Bliss... Forse guardiamo dalla stessa finestra.




Leggo il mio giardino. Si sta in ascolto e si scrive, all'ombra di un albero, in compagnia delle farfalle, baciata dal sole, accarezzata dall'erba fresca e col naso in su verso nuvole a forma di tutto.




La recherche mi si addice, sono un'esploratrice. Trovare poi nientemeno che un lovers' lane e restare abbracciati in silenzio onorando la primavera... chiude il cerchio.




...dans le Temps.

Stretta nel cappottino primaverile, tentando di ignorare i nove gradi, sentendomi un po' più americana e un po' meno sensitiva di fronte a un sogno premonitore che per una volta non si verifica, il mio tempo è ritrovato.
Nessun labirinto in cui restare intrappolati, nessuna porta dietro cui c'è il mistero, nessun passato che ingabbi il presente per il solo fatto di parlare italiano: solo ricordi in uno specchio. E fiori.











"L'anima trova quiete nei libri", dice Mrs Bliss. E io la leggo, un'incisione sulla pietra, come un'indelebile benedizione.





domenica 21 aprile 2013

Elementi di comunicazione

Amritsar, India



Ieri, al cinema, Halle Berry diceva: "You're a capricorn, I am too, do you know what that means? We are fighters!".
Non posso che confermare, sono del capricorno e sono una combattente.
A volte però lottare non è la cosa migliore che abbia fatto: il più delle volte non è necessario e assume soltanto le caratteristiche grossolane ed effimere dell'ego.
Non c'è vittoria senza consapevolezza, senza una visione chiara della battaglia. E, soprattutto, forza non equivale a violenza: si può essere guerrieri aggraziati e delicate principesse guerriere (senza bisogno di essere personaggi di un fantasy!).
A tal proposito ieri ho insegnato una classe per manipura chakra, il terzo, la sede della digestione, del fuoco, della volontà, della sicurezza. Era un gruppo avanzato e ci ha messo l'anima: persino quelli all'apparenza più timidi e insicuri, hanno trovato le risorse dentro se stessi e hanno tenuto duro fino alla fine. Praticando lo yoga, io stessa ho sperimentato che per tenere a lungo una postura senza tremare e crollare non bisogna lottare. Più ti sforzi di ottenere il risultato e più resti intrappolato nella tua stessa mente, con scarsi risultati. Quando invece ti arrendi, qualcos'altro ti tiene su, come per magia, e gli ostacoli svaniscono. Quel fuoco che ci guida, per quanto sacro possa essere, se usato per lottare indiscriminatamente rischia di aumentare le nostre resistenze e bruciarci: dicesi autocombustione.
Questo accade anche nella comunicazione, quando non è neutrale (ovviamente)!

Il sano fuoco, invece, può essere molto utile nella comunicazione neutrale: le parole infatti si possono soltanto usare, oppure si possono anche osareLa creatività va mangiata, digerita e poi liberata: il fuoco (come la digestione che avviene nello stomaco) ci aiuta a processarla in questo modo, in modo da muoverla come in una spirale e rinnovarla continuamente.
Come fare per evitare il bruciore di stomaco? Acqua, per spegnere gli eccessi.
Quando comunichiamo è necessario sapere quando si può forzare un po' la mano e quando invece fermarsi e lasciarsi cullare dalle onde.
Se nella comunicazione c'è troppo fuoco è facile arrabbiarsi e perdere di vista l'obiettivo: esempio lampante sono le maxi litigate in cui una cosa tira l'altra e la scintilla iniziale che ha scatenato l'inferno non ce la ricordiamo neanche più! Nel caso di chi scrive succede quando, di fronte alla pagina bianca e a una deadline fra capo e collo, vomitiamo parole sicurissimi di dove vogliamo andare a parare e poi, quando rileggiamo, beh... ritroviamo la cena del giorno prima.
Se c'è troppa acqua, di contro, è facile fantasticare e perdersi nel proprio abisso senza più uscirne: un po' come affondare nei propri pensieri (o nelle idee su cui ci siamo fissati per riempire la nostra pagina) al punto tale che le voci intorno diventano ovattate e non riusciamo più ad ascoltare bene né l'interlocutore né la nostra libera creatività.
L'ideale dunque sarebbe dosare gli elementi a nostra disposizione: osare, lasciando che il nostro ardore, la passione, le emozioni diano la spinta alla nostra creatività, e anche dosare, per adattare il contenuto alla forma, come fa l'acqua in una bottiglia.

Quello che più ci trattiene di fronte a una pagina bianca o nel corso di un dialogo con un pubblico di una o più persone siamo soltanto noi stessi.
In tanti, per timidezza o insicurezza, restano chiusi nel proprio guscio (io stessa ci sono stata per un bel po'!).
Nello yoga si lavora spesso sul chakra della gola per liberare i blocchi della propria comunicazione e creatività, ma è molto utile lavorare anche sulle basi, su ciò che può sostenere la libera espressione della propria creatività: trovare il proprio centro lavorando sul chakra dello stomaco, per esempio, sviluppa l'autostima e la sicurezza in se stessi necessarie per trasformare il pensiero in azione attraverso la volontà. Ancora una volta le emozioni sono la spinta, non sono da reprimere, semmai da processare e trasformare in qualcosa di efficace.
Quando ci troviamo di fronte alla pagina o al pubblico e andiamo in nero, quello che possiamo fare è guardare noi stessi, spostando l'attenzione dall'essere oggetto all'essere soggetto: non siamo noi di fronte alla pagina e al pubblico, sono loro ad essere di fronte a noi.
Il fuoco è l'elemento più utile per passare all'azione facendo luce in quel buio improvviso, forti e spavaldi di fronte al pericolo, senza tirarci indietro di fronte alle sfide (e al nostro pubblico che, per quanto possa tirarci i pomodori, non importa, è comunque lì in attesa delle nostre parole!).
L'acqua, altrettanto importante, ci dà la sensibilità per adattarci ad ogni situazione e mantenere la calma, trovando le parole che più possano toccare il nostro destinatario.
Tradotto in termini di comunicazione neutrale, questo vorrebbe dire che le nostre parole hanno forza e impatto (grazie all'elemento fuoco, cioè alla nostra sicurezza) e allo stesso tempo sono modulate in base al contesto in cui le esprimiamo (grazie all'elemento acqua, cioè alla nostra sensibilità).
Indossiamo dunque la nostra armatura di seta e facciamo uscire quelle parole: invece di usarle e basta, osiamo applicare la nostra consapevolezza e avere la sensibilità e il coraggio di esprimere nel modo migliore la nostra creatività.

venerdì 19 aprile 2013

Mente neutra in corpo sano

Allegri avanzi di hummus e spinacino



Come yogini che pratica ogni giorno per applicare la mente neutra, come professionista della scrittura e della comunicazione, come esploratrice che trae ispirazione da ogni angolo del mondo, c'è qualcosa che non posso trascurare.
L'alimentazione!
Per godere appieno del viaggio e dell'esperienza, avere una mente attiva e brillante al servizio della propria anima, essere leggeri al punto che la creatività esca dai nostri pori senza sforzo, bisogna prendersi cura innanzi tutto del proprio corpo.

Parte della mia creatività avviene in cucina. Invento ricette, personalizzo quelle trovate su libri, riviste o su Internet, mi piace presentare i piatti in modi che divertono me e fanno sorridere chi assaggia.

Da quando sono anche una moglie, mio marito è di sicuro il primo esposto all'onda creativa culinaria. Soprannominatosi ironicamente "cloaca umana" (dal momento che non lascia mai una briciola nel piatto e, se qualcuno osa, interviene prontamente!) lui mangia qualunque cosa. Perciò mi viene il sospetto che i suoi entusiastici apprezzamenti relativi ai miei esperimenti possano essere poco affidabili!
A favore della mia self-confidence, per fortuna, nel corso del tempo sono intervenuti altri commensali, testimoni per caso della mia cucina, che si sono espressi altrettanto positivamente.

C'è da fare una precisazione, però: io sono lacto-vegetariana (non mangio carne, pesce e uova). Nella mia famiglia, mio marito compreso, nessuno lo è. Dopo anni sono riuscita forse a fare capire ai familiari che non morirò senza nutrirmi di cibo che quando era in vita si muoveva (ad eccezione forse di mia nonna 102enne, ma non si può pretendere!) e, per quanto ogni tanto legga punti interrogativi sulle facce di qualcuno, sono tutti molto carini nel prodigarsi a cucinare qualcosa di specifico per me! Continuano ogni volta a chiedermi cose tipo "ma allora questo non lo mangi?" di fronte al capretto pasquale o al baccalà natalizio, oppure "ma questo lo puoi mangiare?" di fronte a un buonissimo piatto vegetariano in cui la presenza del formaggio li insospettisce e li preoccupa che io possa non gradire.
Una mia cara amica, nonché cugina, odia il melone e non vuole sentire neanche da lontano l'odore delle olive. Tuttora ai pranzi di famiglia le offrono le olive o prosciutto e melone come antipasto!
Amo la mia famiglia, è genuinamente siciliana: caotica da impazzire, ma con un cuore grande!
Ad ogni modo, i trionfali banchetti in occasione delle feste importanti in cui ci si riunisce tutti in famiglia, sono rari ormai per me. Mia madre cucina benissimo, ma anche con i miei genitori la lontananza geografica c'è già da qualche anno, perciò ho cominciato da un po' ad arrangiarmi.

Il mio compagno di viaggio e marito, come dicevo, dà soddisfazione per i piatti che preparo, ma non solo. Pur non essendo vegetariano, è un salutista responsabile e open-minded. La carne non la mangia quasi mai. Mi chiede spesso di preparargli il seitan con le verdure, pulisce il piatto dalle vellutate di legumi, apprezza i piatti che lo yoga mi ha insegnato e ci regalano gusto e salute insieme.
In parole povere, non ho alcuna difficoltà a dilettarmi con la cucina vegetariana a casa. Nel rispetto ovviamente del palato e delle scelte di mio marito: pesce, frittate, uova in camicia, figurano spesso nel suo piatto. Ma il più delle volte condividiamo felicemente la stessa cena. E ogni tanto è lui a fare qualcosa che ci unisca a tavola: sa preparare un fantastico sushi vegetariano!

Ispirata da un'amica intelligente nonché ottima cuoca (seriamente, non a livello amatoriale come il mio!), ho deciso di condividere anche questo: cucinare è un'attività creativa, meditativa, comunicativa. Non può mancare in questo blog!
Largo quindi nei prossimi post a ricette vegetariane frutto della mia invenzione o personalizzazione, a ricette e consigli per una sana alimentazione provenienti dallo yoga che pratico e insegno, all'esperienza di un'italiana vegetariana nell'America del fritto, gli hot-dog, le bevande gasate, il latte e le farine arbitrariamente enriched. Ci sarà da ridere!

Buon appetito e buon cammino!

giovedì 18 aprile 2013

It doesn't matter

Jaipur, India



It doesn't matter what I want
It doesn't matter what I need
It doesn't matter if I cry
Don't matter if I bleed
You've been on a road
Don't know where it goes or where it leads

Cantava Alison Krauss.

La sensazione di scorgere qualcosa in lontananza ma sentire che "non ancora"...
La forza, il coraggio, la grazia nell'accettare una missione, un destino, qualunque sia il sacrificio.
Il sacrificio, qualunque sia la prova.

Navigando così, fra un'onda e l'altra, aggrappati alla barca con tutte le forze. In attesa che la tempesta cominci, senza paura, perché ciò che resta uguale è ancora più terrificante. In attesa che la strada si dirami e si smetta una volta per tutte di girare in tondo.

You've been in a cage
Throw you to the wind you fly away

Liberarsi, sciogliere i nodi, superare i blocchi.
Le cose non accadono perché le desideri o ne hai bisogno.
La tua direzione, la tua strada, il tuo obiettivo, chiedendoti cosa ti aspetta e cosa invece non aspetta. Sbirciando la vita da una stanza buia. Sai, ma non sei.
Imparare a guardare dall'alto per non perdersi, intrappolati tra latitudine e longitudine.

Oggi così, non importa.
Come disse un caro maestro, "da dove sei a chi sei". Amen.

martedì 16 aprile 2013

Yoga alle Everglades

Everglades National Park, Florida



Ho trovato l'Infinito in una palude.

Lungo uno dei sentieri all'interno del parco nazionale delle Everglades, un cartello ha attirato la mia attenzione. Leggendolo, ho avuto subito l'impressione che fosse diverso dagli altri: non descriveva semplicemente una specie della flora o della fauna, faceva qualcosa di più.

"C'è molto più qui di quanto appare", leggo.
Quanti incontri, quante esperienze facciamo qui? Su questa Terra che ci ospita, relazionandoci con altri esseri umani?
A chi non è capitato di fare incontri poco raccomandabili o semplicemente problematici? C'è una vasta gamma e chi ha scritto questo cartello lo sa: paurosi conigli, cavallette sgarbate (lubbers in inglese vuol dire anche questo!), velenosi serpenti, alligatori pieni di ri-morso che piangono lacrime di coccodrillo, timidi uccellini che si nascondono...
Quante volte questa tipologia la riscontriamo in noi stessi?

C'è molto di più, in ogni essere umano. L'anima non conosce paura, grossolanità, cattiveria, rimorso, insicurezza. La nostra mente invece è perfettamente in grado di produrre ciascuno di questi animali in noi e anche di più.

"Fermati per un minuto, ascolta in silenzio, guarda con attenzione". Chi ha scritto questo cartello, Patanjali?
Mi sono fermata per un minuto, ho ascoltato in silenzio, guardato con attenzione. Ho trovato il mio respiro, la sincronia con ogni suono della natura intorno a me, le vibrazioni al di là delle forme e dei colori. La mia anima: infinita, eterna, libera.

Abbiamo davvero bisogno di questa anima-lità? La risposta, a mio avviso, è sorprendente tanto quanto aver trovato un cartello come questo, anonimo, all'interno di un Patrimonio dell'Umanità.
Sì.
Solo bisogna esserne consapevoli, riconoscere il proprio "animale mentale", perdonarlo e addomesticarlo in modo che diventi un vero amico e non più una maschera. Farne uno spirito guida, direi immaginando parole che non sono mai state dette da un Indiano d'America conosciuto qui alle Everglades. Uno spirito guida è un accompagnatore, un passeggero utile, quello che tu scegli di vedere: apparentemente è lui a guidarti, ma in realtà sei tu a camminare e sei tu a volere che lui ti mostri la strada.

La strada per capire chi siamo davvero, per scoprire e lasciare splendere l'anima dentro l'animale. Voglio percorrerla, senza dare nulla per scontato, sorprendendomi ogni volta, di fronte a me stessa e ogni altro essere umano.
Perché "life here is abundant, but not always obvious": la vita qui è Florida, ma non sempre ovvia.


lunedì 15 aprile 2013

Running

Sgomento, lacrime, paura.

Quanto si saranno allenati per correre a quella maratona?
Cosa avrà voluto fare da grande quel bambino saltato in aria?
Cosa avranno sentito quando la bomba è esplosa?
Avrebbero potuto salvarsi se solo...?

Perché?

Correre via, senza fermarsi mai, senza voltarsi indietro. Lontano lontano da quel rumore assordante, da quel sangue, da quel dolore. Per questo mi sono allenata?

Non c'è allenamento per questo, non si è mai preparati.
Mi tengo il mio sgomento, le mie lacrime, la mia paura.

Prego.

Tutto l'amore, tutta la luce, a Boston.
Forse non si può correre veloce abbastanza, ma si può sempre ricevere amore e preghiere.


domenica 14 aprile 2013

Dove il sole splende (quasi) sempre

Florida Keys

Giorni di osservazione, questi nel Sunshine State. Mi sento a casa in questo clima tropicale, persino quando da un momento all'altro il sole decide di nascondersi dietro le nuvole e lascia che il cielo si sfoghi con un temporale.

Miami

Miami Beach

Art decò district, Miami Beach



Palme, spiagge e grattacieli. Art decó, sigari cubani, taxi rosa. Lime piecoco frìo. Ponti lunghissimi, ponti alti, ponti a filo d'acqua e alberi che crescono sui ponti. Tartarughe che depongono uova nella sabbia imponendo il silenzio, cervi che attraversano la strada imponendo il limite di velocità.


Fort Lauderdale, spiaggia delle tartarughe marine


Su uno dei ponti che connettono le isole Keys


 Papere nell'oceano, pellicani galleggianti, nidi giganti sopra i pali della luce, iguana lungo l'autostrada, galli alle stazioni di servizio, alligatori amichevoli, procioni che si lasciano accarezzare. I dipinti di Yemaya accanto alla statua di una madonnina.



Gallo nel Barrio Cubano, Miami
Art Gallery nel Barrio Cubano, Miami

Everglades National Park

Il silenzio del tramonto alle isole e il festival rock a Miami beach. I sofferti pranzi americani fra patatine, peperoni e cipolle, ma la sorpresa di un autentico gelato italiano e due chiacchiere in lingua madre a Fort Lauderdale e una pizza a casa di amici a Hollywood, per portarti il sole anche nel cuore.




Pioggia, sole, di nuovo pioggia. Che tempo farà domani? Qualunque temporale ti sorprenda, il sole è sempre lì, dietro le nuvole.

giovedì 11 aprile 2013

Cherry blossom contro il tempo

Tidal Basin, Washington DC

Un saluto agli alberi, prima di partire ancora. Alberi importati dal Giappone, trapiantati qui in questo bacino americano, un po' come me.

Sono arrivata al Tidal Basin correndo, terribilmente in ritardo rispetto all'orario del volo da prendere nel pomeriggio, ma i petali rosa cadevano così delicatamente lenti che sono riusciti subito a calmarmi.
Gli occhi e il cuore hanno ringraziato, soddisfatti.
Un breve saluto, il tempo di notare i pic-nic, i pedalò, la gente sul prato che legge, fotografa, amoreggia.



In bilico su una sponda del bacino, sembra di galleggiare in un universo parallelo. Solo che parallelo non è. La sensazione è circolare, tutto torna, il monumento alla memoria di Jefferson a rimarcare il perimetro del Basin. La sua presenza monumentale un ricordo di un'altra giornata, quando i fiori non erano ancora sbocciati, quando DC era ancora nel grembo della mia mente.







È la volta della Florida, questa sera. Per qualche giorno lascio questo sorprendente tepore primaverile washingtoniano e vado a trovare l'estate: ci sarà l'oceano, non il fiume.

Corro di nuovo sulla Indipendence Ave., verso la metro Smithsonian, per tornare indietro. Pazza, pazza donna! L'aereo non aspetta, non gliene frega niente della tua pioggia di fiori!

Independence Avenue, Washington DC

Chiudi la valigia (con il solito metodo "mi siedo sopra"!), dimentica qualcosa (maledicendoti perché pensi sia indispensabile, ma poi invece non servirà), monta in macchina con marito che ha presente le distanze più di te e ti ricorda che potremmo non farcela, speeding verso Baltimore rischiando di essere inseguiti dalla polizia.

L'aereo ci ha aspettato. La notte in Florida è calda e umida.
Tiro la valigia, la stessa di sempre, piccola, azzurra, infaticabile. La mia fidata testimone da sempre di quei viaggi che durano solo qualche giorno ma ti lasciano qualcosa di speciale da riportare indietro, un senso di trepidazione e insieme familiarità, come dopo un incontro lampo con una persona sconosciuta che poi diventa tuo marito.

Guardo il cielo nero ancora una volta prima di entrare in albergo, la leggerezza degli aggraziati petali rosa di questo pomeriggio ancora sulla pelle. E so che anche questo tempo nello stato delle arance sarà per sempre.

Grazie fiori di ciliegio e Memorial sullo specchio d'acqua che fermate il tempo. Vi porto con me.


mercoledì 10 aprile 2013

Di ombra e luce

I-95N, on the road to NYC



Si parla d'intuito.
Vedere attraverso le ombre, i demoni, la follia.
Sesto senso o forse solo capacità di osservazione e ascolto.

I knew it! E di nuovo quella sensazione di impotenza di fronte alle tue stesse abilità, a un dono che lasci passare inosservato, come fosse scontato.
"Let us share the vision. And make it possible for great love to arise." (Thich Nhat Hanh)

La strada è lunga, si sta scomodi in uno spazio costretto e senza ricambio d'aria. Ma il corpo è visibile dall'alto, lì da quel cielo le prospettive cambiano, la fluidità cambia.
E puoi danzare, da lì, fino a quando il tuo sguardo cade su una mano e non puoi fare a meno di tornare indietro.

Di ombre ce ne sono tante, ma il tuo spirito è più forte.


I-95S, back to DC


martedì 9 aprile 2013

Basic drawing

Waterfront, Old Town Alexandria, VA



Questa mattina, in bici verso la mia prima lezione di disegno, l'aria sul viso era calda e umida.
La primavera qui sulla East Coast ha decido di prevalere sull'inverno così, di colpo e prepotentemente, camuffandosi da estate. 30 gradi oggi non ce li toglie nessuno!
Da autentica siciliana io ovviamente sono felice: mi basta questo clima e una passeggiata (o pedalata!) lungo una strada vicina all'acqua. Ok, non è il mare, dal Potomac non respiri quella brezza frizzante e quel profumo salato, ma è pur sempre arioso e azzurro.

Forse è stato quel senso di orizzonte acquoso, oppure l'esperienza di creatività fatta in una classe con un gruppo di persone altrettanto desiderose di aprirsi, forse è solo che quando c'è il sole e stai all'aria aperta ti senti più ispirata: qualunque sia stato lo spunto, ho fatto delle riflessioni.
Tra linee, forme, angoli, chiaroscuri, ho osservato lo spazio che si crea e tratto da me stessa le seguenti fonti di ispirazione da condividere.

La creatività dà accesso a una regione interiore di pura neutralità, libertà, piena accettazione. Fa esplorare luoghi diversi e vedere con nuovi occhi ogni volta, donando la capacità di comunicare per condividere e non solo per affermare.
La creatività non è del viaggiatore irrequieto, della persona stressata, dell'egoista. A meno che non si sia consapevoli di indossare una maschera e fare del teatro. In quel caso, respectchapeau. Ci sono già stati tanti illustri esempi nel mondo. Ma se si finisce per credere di essere davvero quello che si rappresenta, sofferenti o in estasi che sia, il rischio è di essere infelicemente solo per se stessi. Non c'è linfa, non una fonte per gli altri, nessuna co-creazione con il Creatore, si sta lì solo per comparsa. Burattini e burattinai allo stesso tempo. Un'eterna maschera con il dipinto di un sorriso o una lacrima di Pierrot, in base a quello che si decide di indossare giorno dopo giorno.

Avete mai conosciuto persone che hanno viaggiato moltissimo intorno al mondo ma interiormente non si sono spostate di un millimetro?
Io sì. Lo trovo terribile e molto, molto triste.
In questo blog si legge un sottotitolo, "storie di una mente neutra in viaggio": la verità è che non ho viaggiato poi così tanto nel mondo, più di qualcuno, meno di molti altri, di sicuro mai abbastanza!
Il viaggio di cui parlo, però, è qualcosa di più. Dire che è interiore sarebbe banalmente riduttivo, perché in quel caso rimane sempre fra te e te. Un viaggio autentico dovrebbe portare fuori dalle vie interne, dai pensieri che la mente fa coincidere con quello che decidiamo di essere, non si può parlare di crescita e cambiamento finché davvero non espandiamo il nostro spazio: allora le persone si accorgono delle tue trasformazioni e te lo dicono sinceramente. Dal cuore. Non per accontentarti.

Tanta gente corre, non riesce a stare ferma, non perché viaggia in continuazione, ma perché anche quando pensa di essere in ascolto, in qualunque luogo del mondo si trovi, a casa, su un eremo tibetano o in mezzo alla folla di Times Square, in realtà sta continuando ad avere orecchie solo per se stessa.
Puoi andare ovunque, ma continuerai a guardare il mondo attraverso gli stessi occhi, se non ti schiodi da lì dove ti senti protagonista, dove hai il controllo, dove nutri il tuo ego.

Non sei tu che viaggi intorno al mondo, è il mondo che viaggia intorno a te.
Se non comprendi di non essere tu al centro del mondo, talmente attaccato alle tue sofferenze, i tuoi successi, la tua voce narrativa, il viaggio non ti lascerà altro che pagine da scriverci su magari, ma con nulla che si muova davvero di una virgola. Solo affermazioni ripetute, vuote, citazioni di altri e di te stesso, continue illusioni di crescita e trasformazione, quando invece non c'è spazio nella linea stretta di due occhi affamati.

Viaggiare non è prendere, è dare. Non è andare, è lasciare andare.
Significa essere esploratori, qualcosa di ancora più esaltante che essere semplici viaggiatori.
Perché puoi avere visto ogni angolo del mondo, parlare 20 lingue straniere, interagire ovunque con le persone, avere milioni di contatti, passare persino per missionario. Ma non sarai mai connesso davvero, se sono il desiderio, l'egoismo, le lezioni imparate e conservate nella mente a guidarti. Mancano proprio le basi. E riproduci solo una famosa natura morta su tela, non crei un'opera d'arte originale, con cui deliziare altri esseri umani.

lunedì 8 aprile 2013

Croce e delizia

Metropolitan Opera, New York



C'era una volta una bella donna vestita di rosso. Si dava agli uomini senza sapere cosa voglia dire essere amata amando. Ma quando un uomo le offrì il suo amore sincero, ella sentì di nuovo il proprio cuore e abbandonò la vita da traviata per abbracciare il proprio destino.

Violetta e Alfredo mi fanno sempre commuovere, ogni volta che ascolto la loro storia. E non parlo di nodo alla gola, parlo di calde lacrime, sembro ogni volta un vitellino tolto alla madre! Julia Roberts in "Pretty woman" mi fa un baffo.
Tragedia, certo, ma vale la pena vivere anche solo quell'attimo di gioia prima della fine.

Croce e delizia, quell'amor palpito dell'universo intero. Misterioso, altero.
Così puri, così innocenti Violetta e Alfredo. Nella loro umanità, con le loro paure, emozioni, l'orgoglio di lui, lo spirito di sacrificio di lei. Così autentici.
Croce e delizia per chi vive l'amore romantico e se non soffre almeno un pochino pensa non ci sia amore.
Croce e delizia per chi ha esperienza del matrimonio, della vita di tutti i giorni accanto a un altro piccolo universo, fra similarità e differenze, nella continua ricerca dell'unione.
Croce e delizia perché la vita è così, impegnativa, a tratti difficile e sfidante, ma anche un dono meraviglioso e un'esperienza magnifica.

Un mistero, sì. Ma anche un invito a passare from mistery to mastery, a prendere in mano quel dono che è la vita e goderne appieno, grati di ogni momento, unici padroni e conoscitori di noi stessi.


sabato 6 aprile 2013

I ponti dell'anima

Tra una sponda e l'altra, il pensiero va a chi c'è dall'altra parte.
Sembra tutto lontano, eppure è così vicino. Altri piccoli esseri umani, almeno le loro icone, perché quelli che davvero sono piccoli sono a grandezza naturale nel nostro cuore.
A volte sono persino più grandi, giganti, pesanti. Te li porti dietro e attraversare il fiume con lo sguardo ti pesa enormemente.

Tra due ponti, in questa New York assolata ma fredda, tra Manhattan e Brooklin, tutto assume dimensioni e prospettive diverse.
E ti chiedi se davvero, al di là di quel ponte, la realtà sia altrettanto differente, e chi guarda nella tua direzione abbia altrettanti dubbi, pesi, riflessioni.

Tra sogno e realtà, subconscio e raziocinio, resti sospesa, per quanto d'acciaio. Forte e coraggiosa, ma ancora alla ricerca del giusto mezzo, dell'equilibrio, del punto di incontro.
E forse quella mano che prendi in sogno, quel gesto di cura, gentile e amorevole da parte tua, nonostante tutto, forse è quel ponte che ti tiene ancora su, il cuore aperto, la nobiltà dell'anima in sospensione fra una riva di pace e una di guerra.


Manhattan Bridge and Brooklyn Bridge, New York